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<age>

regia e coreografia:
Francesca Pennini

drammaturgia:
Angelo Pedroni, Francesca Pennini

azione e creazione:
Nicola Cipriano, Piero Cocca, Francesco Gelli, Giulio Mano, Beatrice Monesi, Alice Ada Petrini, Nicole Raisa, Sofia Russo, Adele Verri

cura e organizzazione:
Matilde Buzzoni, Carmine Parise

co-produzione:
CollettivO CineticO, fondazione Romaeuropa, centrale Fies Art Work Space, Fondazione Sipario Toscana

con il supporto di:
Goldonetta Firenze, Ferrara Off Teatro, Fondazione Armunia, L'Arboreto Teatro Dimora di Mondaino

partner progetto VISIONI:
ATER Fondazione, ERT Emilia Romagna Teatro Fondazione / Teatro Nazionale - focus CARNE, Festival Bonsai / Ferrara Off Teatro, Fondazione I Teatri, BMotion, Agorà Bologna

con il sostegno di:
MIC Ministero della Cultura e Regione Emilia-Romagna

vincitore di:
bando Ripensando Cage 2012
Premio Jurislav Korenić per la migliore regia al Festival Internazionale MESS di Sarajevo

Il progetto <age> ha lasciato un segno indelebile nel panorama teatrale, nella storia di CollettivO CineticO e nei ragazzi e nelle ragazze che hanno partecipato. A rivelarsi sul palcoscenico sono esemplari di giovani umani, tra i 15 e i 18 anni, a cavallo di quella soglia alchemica che è la maggiore età. Si raccontano, si definiscono senza mai finirsi, si cercano ad ogni passo maneggiando la materia iridescente della realtà. Entrano in scena senza sapere cosa accadrà ogni sera, senza sapere esattamente chi sono ma continuando a mettersi a fuoco e così facendo a mettere a fuoco noi, che li osserviamo come etologi appassionati e a nostra volta ci trasformiamo in adolescenti, in genitori, in noi stessi.
Ciò che emerge non è solo un incandescente ritratto di un campione di umanità, ma anche una cartina tornasole del presente, con le sue vertigini e le sue incrinature, le sue contraddizioni e la sua bruciante poesia. Per questo ci siamo promessi che l’avremmo rifatto ancora, dopo almeno dieci anni, in un
mondo radicalmente cambiato.
Era il 2012 e quegli adolescenti oggi sono insegnanti, architetti, disoccupati, premi Ubu, sposati, artisti, avvocati, emigrati… sempre e comunque cinetici.
Nel 2024 nasce un nuovo <age>.
E non vediamo l’ora di vederlo.

scheda tecnica

<age> declina con un gruppo di teenagers l’analisi sul ruolo dello spettatore e sul concetto d’indeterminazione che attraversa le produzioni di CollettivO CineticO.
Il rapporto tra l’aspetto accademico/normativo e il profilo biologico/chimico tipico della soglia dei 18 anni produce una capacità di assunzione di rischio che rende gli adolescenti i candidati ideali per abitare lo spazio ludico, allo stesso tempo indeterminato e regolamentato, della scena.
La performance è strutturata come un atlante in cui, capitolo per capitolo, gli “esemplari” umani sono chiamati a esporsi su un palco-ring dove la durata delle azioni è scandita dal gong della regia.
Classificati con implacabile datità secondo i parametri più disparati, gli “esemplari” di <age> rispondono in diretta a un corpus di quesiti legati alla definizione di sé per caratteristiche, opinioni, gusti ed esperienze. I performer condividono una serie di regole e un inventario di comportamenti ma non sanno in base a quali parametri di selezione verranno chiamati in gioco. Nell’impossibilità di prove e repliche – i parametri di selezione cambiano ogni volta e dunque ogni performance è diversa dalle altre – l’esibizione pubblica si mantiene costantemente permeabile alle definizioni che ciascun performer dà di se stesso, in bilico tra rigore zoologico e reattività emotiva, intensità e ironia.

" Era il 21 ottobre del 2012 quando, presso l’Opificio Romaeuropa e nell’ambito della rassegna DNA del Romaeuropa Festival (in quegli anni curata da Anna Lea Antolini), la compagnia CollettivO CineticO presentava per la prima volta il progetto <age>. La genesi della performance era legata a un premio “Progetto Speciale 2012. Ripensando Cage” ideato da Valentina Valentini e indetto dal Centro Teatro Ateneo dell’Università La Sapienza di Roma (insieme alla Fondazione Romaeuropa, L’arboreto – Teatro Dimora di Mondaino, Armunia/Festival Inequilibrio di Castiglioncello e CSC – Centro per la Scena Contemporanea/Casa della Danza di Bassano del Grappa) in occasione del centenario dalla nascita di John Cage.
Che cosa i 9 ragazzi dai 16 ai 19 anni che si presentarono per la prima volta davanti agli occhi degli spettatori avessero a che fare con il compositore e teorico statunitense si sarebbe capito solo guardando la forma, le regole e i meccanismi del dispositivo portato in scena dalla compagnia che in quegli anni si era già fatta conoscere per il proprio linguaggio rigoroso e matematico, quanto giocoso.
«La performance» scriveva Francesca Pennini «è strutturata come un atlante in cui, capitolo per capitolo, gli “esemplari” umani sono chiamati a esporsi su un palco-ring, dove la durata delle azioni è scandita dal gong della regia. Classificati con implacabile datalità secondo i parametri più disparati, gli “esemplari” di <age> rispondono in diretta a un corpus di quesiti legati alla definizione di sé per caratteristiche, opinioni, gusti ed esperienze. Condividono una serie di regole e un inventario di comportamenti, ma non sanno in base a quali parametri di selezione verranno chiamati in gioco. Nell’impossibilità di prove e repliche – i parametri di selezione cambiano ogni volta e dunque ogni performance è diversa dalle altre – l’esibizione pubblica si mantiene costantemente permeabile alle definizioni che ciascun performer dà di se stesso, in bilico tra rigore zoologico e reattività emotiva, intensità e ironia».
Ecco che l’esperimento “caegiano” si trasformava, davanti allo sguardo degli spettatori, in un ritratto lucido, crudo e allo stesso tempo romantico dell’adolescenza senza i filtri, le storture, la retorica o gli intenti narrativi degli adulti. Anticipando le imminenti tendenze nell’ambito delle arti performative (e facendo proprio il pensiero di Cage) Francesca Pennini e la sua compagnia si limitavano a trasformare la scena in un dispositivo, un ambiente circoscritto da regole prestabilite, all’interno delle quali lasciar emergere la potenza del reale, con le sue storie e le sue vite. Ma la potenza di <age>, paradossalmente, giungeva allo spettatore proprio nella mancata enfatizzazione di questa realtà, sempre camuffata da uno sbilanciamento verso la centralità del processo creativo e formativo, verso la meccanicità estetica dell’azione o la rigidità del dispositivo che la inquadrava. «Tutto avviene nella testa dello spettatore, nell’immaginazione più che
nell’immagine. I performer non fanno altro che dare al pubblico un tempo per pensare» raccontava Pennini intervistata da Andrea Nanni. Continuava lo studioso: «è con la forza di una tacita lezione di morale che questi adolescenti condividono fragilità e desideri, invitandoci a sospendere il giudizio per aprirci a nostra volta alla vita. Ci ricordano quanto può essere potente un incontro: non solo quello tra loro e una coreografa da cui li separa poco più di una decina d’anni, ma anche quello tra loro e noi, osservatori anonimi nel buio della sala, anche noi ogni sera diversi». Lontana dal mood dei teen-drama, ma non meno pop, asettica come un esperimento scientifico, ma non meno commovente, epurata delle sue pulsioni viscerali, ma non meno estrema, l’adolescenza raccontata in <age> emergeva morbidamente come i corpi, i caratteri, i gesti delle/dei neo-performer che abitavano la scena. Le loro esperienze, i loro desideri, il loro modo di “essere presenti” e di “auto- rappresentarsi” si insinuava nello sguardo dello spettatore e da semplice testimonianza generazionale si trasformava nel ritratto più ampio del presente con i traguardi raggiunti e quelli ancora lontani, le certezze perdute e il progresso sempre alle porte, il futuro vicinissimo o lontanissimo, a seconda della propria biografia. Malinconia e nostalgia, empatia e speranza.
Perché il dispositivo costruito in <age> non si limitava ad abbracciare la scena, ma includeva (come del resto in tutti i lavori di CollettivO CineticO) anche lo spettatore con la sua realtà e la sua presenza, dando vita a un gioco di identificazioni, proiezioni e interpretazioni, radicato nell’esperienza collettiva dell’essere <adolescenti>.
I teen-ager che nel 2012 parteciparono ad <age> sono oggi «insegnanti, architetti, disoccupati, premi Ubu, sposati, artisti, avvocati, emigrati...». Alcuni sono diventati parte della compagnia, altri hanno intrapreso strade diverse, incontrato altri mestieri e altri mondi, portando con sé il bagaglio culturale ed esperienziale della performance, della danza, del teatro; il suo potere formativo.
Come sempre accade, intanto, dodici anni di vita hanno spazzato via mode, musiche, lacrime,
linguaggi ed estetiche; la Storia ha cambiato il nostro approccio all’esistenza e al mondo, tra
catastrofi naturali, crisi pandemiche, guerre, incertezze, ma anche evoluzione tecnologica e
nuove conquiste.
È forse per questo che CollettivO CineticO ha scelto di riprendere in mano il processo creativo e il materiale dello spettacolo e ricostruirlo con un nuovo cast di adolescenti. Chi sono i teen-ager di oggi? E cosa è cambiato in questi tumultuosi anni? Cosa in chi si racconta? Cosa in chi, come un etnologo, è chiamato ancora a guardare? E cosa vuol dire essere teen-ager in questa “società dell’adolescenza” tutta contrasti e clamori? Come questa età continua a “ri-guardarci”? Riproposto esattamente come era stato costruito e pensato dodici anni fa – seppur con nuovi materiali coreografici appositamente creati - il dispositivo di <age> e il suo rigido impianto di regole si lascia tuttavia permeare e modellare dalla presenza degli “esemplari” che oggi lo abitano portando con sé nuove sensibilità e nuove istanze. Non ultima la tendenza a fluire più agevolmente e mutevolmente all’interno delle autodefinizioni che il meccanismo del gioco presuppone, quasi a voler sabotare e fluidificare il suo sistema di regolamentazione binario. Cosa, se non un altro modo di vedere e problematizzare il mondo trovando, al suo interno, diverse complessità, altre germinazioni? «Trovo interessante la possibilità di mettersi nella postura di imparare qualcosa dagli “esemplari”, qualcosa di loro a soprattutto qualcosa di noi e qualcosa del mondo... la possibilità di non vederli sempre e soltanto come materia da addestrare, come adultità in potenza, ma come odierni esseri umani» racconta oggi Francesca Pennini. «Un compositore è semplicemente uno che dice agli altri che cosa fare. Trovo che sia un modo sgradevole di far fare le cose. A me piacerebbe che le nostre attività fossero più sociali e anarchiche» affermava, del resto, John Cage.
Ancora una volta, come nelle virgolette inserite nel titolo, CollettivO CineticO abbraccia un’età della vita e ne estrae l’essenza per descrivere il tempo che stiamo vivendo, quest’oggi così fuggevole, complesso, sfaccettato, incerto e nonostante tutto aperto a tutto il futuro possibile."
[ Matteo Antonaci - TEEN AGAIN - REF 2024 ]


"[...] Cage riportato all’età dell’incertezza, dell’alea, del possibile, a quell’epoca della vita fuggevole, complessa, sfaccettata che è l’adolescenza. Nove ragazzi e ragazze, Tilahun Andreoli, Samuele Bindini, Thomas Calvez, Marco Calzolari, Camilla Caselli, Jacques Lazzari, Matteo Misurati, Emma Saba, Martina Simonato, sono gli “esemplari”, invitati da un drammaturgo-demiurgo a definirsi in diretta e a misurarsi con un elenco di comportamenti che li portano a interagire tra loro, a mostrarsi, rivelarsi, immaginarsi [...]
[...] Comincia la presentazione, il gioco. Nel compunto eseguire, nell’intento essere e cercare relazioni con gli altri, nell’indossare atteggiamenti e interpretarli in relazione alle situazioni ogni volta nuove, diventa evidente, subito, la capacità di toccare, pudicamente, la sostanza invisibile dell’adolescenza, le sue glorie, le sue emarginazioni, le sue incrinature, le sue a volte impossibili, stremanti ricerche di equilibrio, le sue metamorfosi. Si disegna una tavolozza poetica sorprendente, dove il videogioco e la tenerezza, l’aggressività e la dolcezza, il bullismo e la riflessione di genere, l’affetto e il coraggio, la prova, l’avventura, il desiderio, il fascino, l’esaltazione, l’abilità, la fiducia, la geometria e la barbara, trattenuta, esibita poesia coesistono, Si dipingono su volti, su gesti, su tipi diversi, tenaci, morbidi, spauriti, “sfigati”, impavidi…
Francesca Pennini e Angelo Pedroni creano un capolavoro di sensibilità e intelligenza, uno specchio, una cartina al tornasole di quella generazione che i più avanti negli anni considerano un mistero indecifrabile. Non forniscono chiavi d’accesso facili: accumulano maschere e si sa che nella maschera è nascosta, a volte immediatamente visibile, la profondità. Offrono fantastiche, delicate, acuminate folgorazioni.
Tutto, dopo un esercizio notevole di composizione finale, una piramide che si forma per incastri e geometrie di corpi, che si destruttura per smottamenti e abbandoni, tutto si dissolve. Lo spazio, in fretta, torna vuoto. Pronto, di nuovo, domani, a diventare scatola magica, geometrico emotivo cappello a cilindro delle magie, degli illusionismi, delle apparizioni e rivelazioni [...]"
[ Massimo Marino - controscene | Il Corriere di Bologna - 01/02/2015 ]

"[...] «In <age>, arguto omaggio al compositore statunitense, c’è tutto questo, e anche di più. Ci sono nove “adolescenti kamikaze” che eseguono in diretta, affidandosi a un meccanismo di improvvisazione sapientemente strutturato, una quantità di azioni quotidiane, o meglio di “esposizioni”. Nove commoventi, divertenti, evocativi anche seumanissimi (o meglio, proprio perché umanissimi) esemplari di uno stralunato bestiario medievale, di una tassonomia fantastica à la Borges, di un catalogo delle meraviglie di ogni giorno. È quello di cui ci parla Francesca Pennini, regista e coreografa della “fucina di sperimentazione performativa” CollettivO CineticO, quando descrive <age>come “un inventario umano al contempo cinico e delicato”. Il principale merito di questo “addestramento alla criminalità virale delle pratiche performative”, come ancora lo definisce Pennini, è dunque il suo essere un invito, leggero e fermo, delicato e feroce, a trovare uno sguardo autenticamente, rivoluzionariamente epifanico. “Qualche volta non c’è proprio bisogno di inventare un mondo”, sembrano dirci i preziosi, husserliani artisti di CollettivO CineticO. Il mondo c’è, e certe volte basta solo guardarlo».
Questo dicevamo, poco più di un anno fa, sulla replica di <age> vista al Teatro Rasi di Ravenna il 16 marzo 2013.
Oggi sottoscriviamo con forza l’entusiasmo di allora (e non è cosa scontata: tutti abbiamo fatto l’esperienza di restare delusi dal nuovo incontro con un libro, un film o una canzone precedentemente amati).
Il tenace Festival di Danza Urbana e d’Autore Ammutinamenti ha appena ospitato il debutto del riallestimento di questo fortunato spettacolo,eseguito da un nuovo cast di adolescenti, ancora una volta guidati con sapienza e lungimiranza da Francesca Pennini e Angelo Pedroni.
Tutti attorno ridevano, mentre a noi piombava addosso una gran malinconia. L’umor nero era suscitato dalla rinnovata consapevolezza che davvero esiste, nella giovinezza, una disarmante luminosità fatta di ossimori: furia e rassegnazione, fragilità e robustezza, sfrontatezza e pudore. Qualche cosa che si affaccia e subito scompare (tanto che CollettivO CineticO, dopo solo due anni dal debutto del primo <age>, ha deciso di affrontare un lungo e oneroso percorso di preparazione dei nuovi interpreti, da e per poco adolescenti).
Il secondo <age> ci ha fatto ricordare questo effimero e preziosissimo “essere nel principio”. E all’improvviso ci siamo sentiti vecchissimi."
[ Michele Pascarella - Gagarin - 15/09/2014]

" [...] Una di quelle proposte che, se venissero dal Nordeuropa o dal Sudamerica, sarebbero salutate come l'evento della stagione, e inducono a credere sempre più in questo nostro nuovo teatro che continua a dimostrare una vitalità senza pari.
Il titolo, Age, rende omaggio a John Cage, ma allude anche all'età dei partecipanti. La regista Francesca Pennini ha infatti lavorato con un gruppo di ragazzi che non avevano finora messo piede in palcoscenico: ne ha indagato i gusti, l'identità, la coscienza che hanno di sé, traducendo i risultati di questa sua ricognizione interiore in una sintassi fisica tanto impassibile e stralunata quanto applicata con un rigore commovente. L'inizio è fulminante, col computer che proietta sulla ribalta vuota le indicazioni degli oggetti – 1 tavolo, 2 panche, 4 bottiglie d'acqua, 9 teenager – necessari via via a comporre la scena. Quando i ragazzi si sono seduti sulle panche, le scritte luminose indicano loro le situazioni da mostrare, provate, ma riproposte ogni sera in ordine casuale: con gesti straniati, volti inespressivi, sguardi assenti, danno vita a una bizzarra tipologia umana – esemplari che si mangiano le unghie, esemplari che sanno mentire, esemplari vergini – poi a surreali schemi di comportamento, in un ironico svelamento che diventa una toccante testimonianza generazionale."
[ Renato Palazzi - Il Sole 24 ORE ]

"[...] Già, ma che cosa accade in <age>? Oltre alle azioni vere e proprie, generate dall’osservazione delle particolarità di ciascun esemplare e dunque diverse per ogni cast, assistiamo a un esporsi - ed è forse questo che più ci disarma - non tanto allo sguardo quanto al pensiero degli spettatori: “Tutto avviene nella loro testa, nello spazio che si crea tra quello che avviene sulla scena e la scritta sul fondo, nell’immaginazione più che nell’immagine. I performer non fanno altro che dare al pubblico un tempo per pensare”, precisa Francesca Pennini. In quell’offrirsi al pensiero - e non solo allo sguardo - c’è una generosità tanto più toccante quanto più è evidente che in <age> l’immagine non è feticcio sigillato ma vibrazione con cui entrare in risonanza, porosità a cui avvicinarsi con rispetto e pudore. Ed è con la forza di una tacita lezione di morale che questi adolescenti condividono fragilità e desideri, invitandoci a sospendere il giudizio per aprirci a nostra volta alla vita. Ci ricordano quanto può essere potente un incontro: non solo quello tra loro e una coreografa da cui li separa poco più di una decina d’anni ma anche quello tra loro e noi, osservatori anonimi nel buio della sala, anche noi ogni sera diversi."
[ Andrea Nanni ]

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