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: : D
Monoscritture retiniche sull'oscnità dei denti
ph: Stefano Partisani
ph: Marco Davolio
ph: Stefano Partisani.jpg
ph: Stefano Partisani
frammento del progetto C/o
concept, regia e azione in scena:
Francesca Pennini
azione e creazione fuori scena, tecnica:
Andrea Amaducci
Angelo Pedroni
ricerca sviluppata durante il progetto Choreoroam con sostegno di:
Operaestate Festival Veneto (I)
Dance Week Festival (HR)
Dansescenen (DK)
Dansateliers (NL)
Certamen Coreografico di Madrid (E)
The Place (UK)
residenza artistica:
Teatro Comunale di Ferrara
piece per spazi teatrali
anno 2009
durata: 30'
A partire dalla bocca, spazio architettonico originario per eccellenza, saletta corporea celata e lampeggiante, si apre una riflessione sull'osceno attraverso un sorriso che si mostra come identificazione, oscenazione senza volontà muscolare né emotiva, rovesciamento dello scheletro dentale all'esterno. Sorriso della cinica messa in posa per una foto ricordo, di un accattivante brand pubblicitario o di uno slogan elettorale. Sorriso "mentadentberlusconiano". Sorriso che rende il corpo un'immagine su supporto organico. L'osceno, ciò che per definizione deve rimanere fuori scena, viene portato alla luce dalle tenebre del cavo orale incistandosi nella dimensione della normalità e rendendo lo spazioscenico merce per la retina. Ob-scene, Ob-seen. Un invito all'accecamento volontario. In questo rovesciamento lo sguardo del pubblico si sostituisce a quello dell'autore fino a determinare la durata dei frammenti statici e dinamici che compongono l'assoluto presente dell'azione scenica. E alla fine non rimane che una segnaletica da polizia scientifica, tracce di un timing ormai senza oggetto, mentre gli spettatori si allontanano dalla scena del crimine custodendo - per quanto tempo? - i fotogrammi dei corpi impressionati sulla retina.
"...Abbandonata la virtualità patinata del precedente Eye Was Ear, Francesca Pennini opta in : :D 2|2 monoscritture retiniche sull'oscenità dei denti per una ruvida indagine sulla pornografia dello sguardo. Costretto in un livido cuneo ottico, il corpo diventa superficie esposta alla mercé di occhi altrui, squadernata in un catalogo di pose la cui durata è determinata dall'attenzione del pubblico, monitorato da Andrea Amaducci che, in scena alla consolle armato di campanella, scandisce l'inizio e la fine di ogni azione non appena gli spettatori cominciano a distrarsi. Ed è soprattutto tra una posa e l'altra, quando il corpo attende in tutta la sua fragilità, privato della consolatoria retorica figurale a cui siamo abituati, è in quelle crepe dell'intrattenimento forzato che il disagio serpeggia con un brivido di imbarazzo in platea."
[ Andrea Nanni - Hystrio - 1/2010 ]
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